Lettori fissi

venerdì 29 maggio 2009

io ti sono accanto………

bedside - alwaysbreaking 

era un periodo molto brutto della mia vita…
mi sentivo vuota..confusa..non riuscivo più a leggere…non riuscivo più a scrivere..soprattutto non riuscivo a più a dormire…quindi mi alzavo nel cuore della notte …e mi mettevo davanti allo schermo ..saltellando un pò qua ..un pò là..facendo qualcuno dei giochini cretini in cui incappi spesso…scoprendo poi che sei una schiappa…sperando che la mattina arrivasse presto…
a metà mattina suonò la portiera..c’era un pacco per me ..dovevo scendere a firmare…
beh..pensai…un regalo è sempre bene accetto..soprattutto se è inaspettato …quindi scesi ..firmai ..e presi il pacco….
oddio proprio pacco non era..era un pacchetto…e dentro …un libro …”le pagine della nostra vita”..di nicholas sparks
me lo aveva mandato una mia amica…una persona speciale..alla quale avrei voluto poter dare una mano …anche lei era piuttosto giù…viveva ancora all’ombra di un amore finito ancora prima di cominciare …ma avrei dovuto riuscire ad aiutare me prima….
(non si può piangere sulla spalla di chi non vede l’ora di piangere sulla tua …)
cmq..appoggiai il libro sul comodino ..e pensai fra me e me che lo avrei letto in tempi migliori…
ma…non so bene perchè…forse curiosità..o forse l’amore per i libri...mi spinsero poco dopo a riprendere in mano il libro e a cominciare a leggere le prime pagine..e poi le successive e le successive ancora…
mi dava forza…mi restava nel cuore …come era rimasto nel cuore della mia amica (così almeno aveva scitto)
non avevo mai letto nulla che desse un’idea così forte dell’amore.. capace di superare qualsiasi barriera..capace di vincere sul tempo e sulla malattia….

“rassicurati..io ti sono accanto
e finchè il sole non ti esclude..nemmeno io
ti escluderò
e finchè l’acqua brillerà per te
e per te frusceranno le foglie
anche le mie parole
brilleranno frusciando”
(citazione di walt whitman contenuta nel libro)

ecco…ora vorrei regalare anche a voi queste parole…come sono state regalate a me…”rassicurati..io ti sono accanto……”


lunedì 25 maggio 2009

x te che sei di passaggio e per tutti imiei lettori





Prego tutti quanti di prendere visione di questo mio post...Sono fermamente convinta che c'è un punto ben preciso dove il gioco finisce ed inizia la violenza, quella vera, e un gioco di questo tipo è violenza nonchè offesa vera e propria per tutte quelle donne che uno stupro lo hanno vissuto veramente e per quelle che purtroppo lo subiranno ancora.L'uomo nero esiste ed io lo so, ma cercare di crearne altri è veramente insopportabile!Non si possono accettare "giochi" simili!
facebook versus rapelay

domenica 24 maggio 2009

Camilleri……..”c’era una volta il cavaliere”….favoletta n. 3

yellow_apple

Il Cavaliere e la mela

Quand'era picciliddro, e quindi non ancora Cavaliere, il futuro Cavaliere vide un compagnuccio che stava a mangiarsi una grossa mela. Gliene venne gana irresistibile. Facendo finta di niente, si accostò al compagnuccio, gli strappò la mela e la pigliò a morsi. La zia monaca del futuro Cavaliere, che era una santa fimmina, a quella scena aspramente rimproverò il nipote. "Non sono stato io a rubare la mela", ribattè il piccilidro continuando a dare morsi al frutto. "La colpa è tutta colpa del mio compagno che se l'è lasciata rubata".

sabato 23 maggio 2009

Camilleri……”c’era una volta il cavaliere”..favoletta n.2

Il bene pubblico….


Mentre se ne stava stinnicchiato al sole, al Cavaliere scappò un bisogno urgente. Visto che la spiaggia era deserta, s'arriparò darrè un cespuglio. In quel preciso momento vide passare uno scarafaggio merdarolo che faticosamente trascinava nella sua tana una pallina di sterco. "Ti basterà per mangiare tutta l'invernata", spiò il Cavaliere. "Non credo", arrispunnì lo scarafaggio. "Siamo tutti preoccupati. Quest'anno, tra una cosa e l'altra, abiamo raccolto picca e nenti". "Ci sono qua io!", disse il Cavaliere. E fece il bisogno suo. Sul quale si gettarono tutti gli scarafaggi merdaroli inneggiando alla generosità del Cavaliere

venerdì 22 maggio 2009

Camilleri.............."C'era una volta un Cavaliere"

"Favole del tramonto" le ha chiamate l'autore - andrea camilleri, un grande -motivando nella nota introduttiva l'incantesimo amaro e ironico da cui provengono. Favole brevi, talora di fulminante brevità tipografica, eppur sempre lunghe concettualmente quanto il tempo che le collega a Esopo e Fedro per ricondurle in ciclico percorso....

e siccome una favola al giorno toglie il medico di torno.....eccovi la prima

"il Cavaliere e la Morte"

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Il Cavaliere, girando campagne e campagne, s' imbatté in una vecchia scheletrica, vestita di nìvuro, con una lunga falce in mano. La riconobbe subito e fece fare uno scarto al suo cavallo. «Schifosa comunista!», murmuriò. La Morte era d' orecchio fino e lo sentì. Si mise a ridere. «Tutte me le hanno dette! Ma comunista mai! Si può sapere perché?». «E chi è più comunista di te? Tu consideri tutti allo stesso modo, ricchi e poveri, belli e brutti, re e pezzenti! E questo non è giusto, gli uomini non sono eguali. Io, per esempio, sono il Cavaliere, l' uomo più ricco di questo paese, milioni di uomini mi ascoltano, mi seguono...». «Basta, basta», l' interruppe la Morte che non era né comunista né liberale, ma solo una grandissima carogna, «mi hai convinto. Tu sei degno di un trattamento speciale, avrò un occhio di riguardo. Ti dico l' anno, il mese, il giorno, l' ora, il minuto primo e il minuto secondo della tua morte». E glielo disse, scomparendo. Il Cavaliere, paralizzato dallo scanto e incapace di fare altro, cominciò a contare i secondi che passavano, passavano, passavano, passavano ...

impronte.........

giardino di campagna con girasoli - gustav klimt.jpg
farm garden with sunflowers – gustav klimt

un quadro........sinfonia da ascoltare con gli occhi ....poesia scritta coi colori....e in quei colori ti perdi ...
guardo il giardino di klimt........e seguo il filo dei miei pensieri....
gli incontri...gli scontri...il feeling...l'antipatia a pelle... l'empatia...
chiunque incontriamo...che lo si voglia o no..lascia dentro di noi la sua impronta... e contribuisce ad essere come siamo...
un giardino...ecco ...ciascuno di noi è un giardino fiorito.. fatto di tanti fiori avuti in regalo da chi abbiamo conosciuto.. da chi.. anche per un attimo soltanto.. ha attraversato la nostra vita..
ciascun fiore ha un colore diverso..un diverso profumo...e il tempo passa..e il giardino.. poco alla volta si arricchisce ..si completa..o.... improvvisamente cambia...
quella macchia di colore che ti piaceva tanto..sparisce..e tu temi che rimarrà così per sempre..
ma poi compare una tonalità decisa...diversa...un colore più forte spicca fra gli altri .....qualcuno di speciale è entrato nella tua vita e il giardino è di nuovo bellissimo...coi fiori nuovi..e con le ultime pennellate ..quelle che ha dato lui..
La sua impronta è indelebile nel tuo gardino..
Lo guardi ..ne assapori i colori e i profumi...è bello...di una bellezza nuova...diversa ..dopo la sofferenza.. ma così deve essere..è giusto che sia così....è la morte..è la vita..è l'amore

giovedì 21 maggio 2009

è la fine della vita e l'inizio della sopravvivenza

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Questa è la dichiarazione del Capo Indiano Seath della tribù Suwamish, più noto con il nome di Capo Seattle, all'assemblea dei capi indiani del 1854 in risposta all'offerta che il presidente degli Stati Uniti Franklin Pierce fece per acquistare una grande estensione del territorio indiano, promettendo una riserva per il popolo pellerossa.

"Il Grande Capo a Washington ci manda a dire che desidera comprare la nostra terra.
Come si può comprare o vendere il cielo o il calore della terra?
È un'idea che ci stupisce. Se non ci appartengono né la freschezza dell'aria né lo scintillio dell'acqua sotto il sole, come potreste comprarcelo?
Ogni piccola parte di questa terra è sacra per il mio popolo. Ogni ago di pino, la riva sabbiosa, la bruma dei boschi, ogni insetto che nasce, il suo ronzio... è sacro nella memoria del mio popolo. La linfa che percorre gli alberi porta il ricordo del pellerossa.
I morti dell'uomo bianco si dimenticano della loro terra natale quando vanno a passeggiare tra le stelle. I nostri morti, invece, non dimenticano mai questa bella terra, perché essa è madre dell'uomo rosso. Siamo parte della terra ed essa è parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli, il cervo, il cavallo, la grande aquila sono nostri fratelli. Le cime rocciose, l'odore delle praterie, il calore del corpo del puledro e l'uomo: tutti apparteniamo alla stessa famiglia.
Quando il Gran Capo di Washington ci manda a dire che desidera comprare la nostra terra, è molto quello che ci chiede.  Il Gran Capo dice che riserverà per noi un posto, dove poter vivere comodamente. Lui sarà nostro padre e noi saremo suoi figli. Per questo, stiamo considerando la sua offerta di comperare la nostra terra. Ma non sarà facile perché la terra per noi è sacra.
L'acqua scintillante che corre nei ruscelli e nei fiumi non è solo acqua: è il sangue dei nostri avi. Se noi vi vendiamo la nostra terra, voi dovreste ricordare che essa è sacra, e dovreste insegnarlo ai vostri figli, dovreste insegnare loro, che ogni immagine che si rispecchia nell'acqua dei fiumi o dei laghi parla di avvenimenti e ricordi della vita del nostro popolo. Se vi vendiamo la terra, voi dovreste insegnare ai vostri figli che i fiumi e i laghi sono nostri fratelli e che meritano l'attenzione che merita un fratello.
Sappiamo che il bianco non capisce il nostro modo di essere. Per lui un pezzo di terra è uguale ad un altro. Lui è come un estraneo che arriva nella notte, strappa alla terra quello che gli è necessario e se ne va . Non guarda alla terra come ad una sorella ma come ad un nemico. E quando l'ha conquistata l'abbandona e parte per altri destini. Lascia indietro le tombe dei suoi padri e non se ne cura. Viola la terra dei suoi figli e non se ne cura. Tratta la sua madre terra e suo fratello, il  cielo, come cose che si possono comprare, saccheggiare, vendere, come pecore o lucenti monili. Il suo appetito divorerà la terra e temo, che dietro, resterà solo il deserto.
Non so. Le nostre usanze sono diverse dalle vostre. L'immagine delle vostre città ferisce l'occhio del pellerossa, ma probabilmente perché il pellerossa è selvaggio e non capisce.
Non esiste tranquillità nelle città dei bianchi. Non c'è un posto dove si possa ascoltare il rumore delle foglie o il sussurro delle ali di un insetto. Ma forse dico questo perché sono un selvaggio e non capisco. Il rumore delle città disturba l'udito. Come sarebbe la vita dell'uomo se non potesse ascoltare il grido solitario del coyote o l'animata conversazione notturna dei rospi nello stagno? Io sono pellerossa e non capisco.
L'indiano preferisce il dolce suono del vento che slanciandosi come una freccia accarezza lo stagno e preferisce l'odore del vento bagnato dalla pioggia mattutina, o profumato dal pino pieno di pigne. L'aria è preziosa per il pellerossa, perché tutte le cose condividono lo stesso respiro. Le bestie, l'albero, l'uomo tutti respirano la stessa aria. L'uomo bianco sembra non far caso all'aria che respira come un essere agonizzante da molto tempo, è insensibile al cattivo odore che emana. Ma se noi vi vendiamo la terra, voi dovreste ricordarvi che l'aria è sacra. L'aria che ha raccolto il primo respiro del nostro antenato e ne ha raccolto anche l'ultimo. Voi dovreste mantenerla intatta e sacra perché si possa assaporare il vento purificato dal profumo dei fiori.
Se decidiamo di vendere la terra, lo faremo ad una condizione, l'uomo bianco dovrà trattare gli animali e queste terre come suoi fratelli e sue sorelle
Io sono un selvaggio e non capisco altre forme di pensiero. Ho visto migliaia di bufali imputridire nella prateria, abbandonati dai bianchi dopo averli colpiti con il fucile da un treno in corsa. Io sono un selvaggio e non capisco come il cavallo di ferro, sia più importante del bufalo che noi sacrifichiamo soltanto quando ne abbiamo bisogno per sopravvivere.
Cos'è l'uomo senza animali? Se tutti sparissero l'uomo avrebbe una gran solitudine di spirito. Perché tutto quello che accade agli animali, in seguito si ripercuote sull'uomo.
Tutti noi esseri viventi siamo mutuamente dipendenti uno dall'altro.
Noi sappiamo questo: la terra non appartiene all'uomo, è l'uomo che appartiene alla terra. Noi sappiamo che tutte le cose appartengono ad una unica famiglia. Tutto è unito. Non è l'uomo che ha ordito le trame del tessuto della vita egli è solo uno dei suoi fili. Quello che l'uomo fa a questo tessuto lo fa a se stesso.
Noi sappiamo una cosa che l'uomo bianco non sa, ma un giorno scoprirà, il vostro Dio e il nostro Dio sono lo stesso Dio.
Voi pensate che Lui sia una vostra proprietà, come per la terra, ma non è così. E non sarà così. Lui è Dio di tutti gli esseri e la sua compassione è la stessa verso il popolo pellerossa e verso l'uomo bianco.
Per Lui la terra è preziosa e recar danno alla terra è disprezzare il Creatore.
Questo destino per noi è un mistero.
Ma noi siamo selvaggi e non capiamo quando vediamo tutti i bufali sacrificati, i cavalli selvaggi domati, gli angoli dei boschi impregnati dall'odore di molti uomini, le cime delle montagne macchiate di filo spinato.
Dov'è il bosco? E' sparito! Dov'è l'aquila? Sparita!
E' la fine della vita e l'inizio della sopravvivenza."

giovedì 14 maggio 2009

il filo di mezzogiorno…………………goliarda speranza

il filo di mezzogiorno - goliarda sapienza

Goliarda Sapienza (1924-1996) è stata un'attrice teatrale, attrice cinematografica e scrittrice italiana

per saperne di più (http://www.24sette.it/contenuto.php?idcont=387)

da: “il filo di mezzogiorno”

...ogni individuo ha il suo segreto che porta chiuso in sè fin dalla nascita, segreto di profumo di tiglio, di rosa, di gelsomino, profumo segreto sempre diverso sempre nuovo unico irripetibile, segreto di impronte digitali, graffito inesplicabile...non violate questo segreto, non lo sezionate, non lo catalogate per vostra tranquillità, per paura di percepire il profumo del vostro segreto sconosciuto e insondabile a voi stessi. Ogni individuo ha il suo segreto, ogni individuo ha la sua morte in solitudine...morte per ferro, morte per dolcezza, morte per fuoco, morte per acqua, morte per sazietà, unica e irripetibile. Ogni individuo ha il suo diritto al suo segreto ed alla sua morte...


Il romanzo si impernia attorno a un'esperienza psicanalitica che l'autrice affronta dopo un episodio di depressione che la porta a un tentativo di suicidio. Attraverso il corpo a corpo con l'analista, l'autrice rivendica la propria autonomia, il proprio diritto a vivere non secondo le regole di una asettica normalità ma seguendo le proprie passioni. La difficoltà di essere amata, di farsi riconoscere, di scrivere di sé con sconcertante sincerità: un grido di ribellione contro l'omologazione di una società conformista e priva di fantasia.


Scrittrice di assoluto valore, la cui prosa sfuma continuamente in immagini poetiche, questo diario della memoria a scopo terapeutico ci dà la misura dell'autenticità di G.S. come donna. Una donna indubbiamente eccezionale.

martedì 12 maggio 2009

da “oceano mare”………………….alessandro baricco

sand sea mountains and sky-glazgow

l’altra sera a “che tempo che fa” era ospite alessandro baricco che ha detto delle sacrosante verità sulla televisione e sulla scuola ..e sull’uso errato che se ne fa…(l’argomento è così importante ed attuale che necessiterebbe di un approfondimento)…ma al di là di questo …ecco qualche brano preso qua e là da “oceano mare”

[…]”Sabbia a perdita d'occhio, tra le ultime colline e il mare - il mare – nell'aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare.
Potrebbe essere la perfezione - immagine per occhi divini - mondo che accade e basta, il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta, verità - verità - ma ancora una volta è il salvifico granello dell'uomo che inceppa il meccanismo di quel paradiso, un'inezia che basta da sola a sospendere tutto il grande apparato di inesorabile verità, una cosa da nulla, ma piantata nella sabbia, impercettibile strappo nella superficie di quella santa icona, minuscola eccezione posatasi sulla perfezione della spiaggia sterminata.
A vederlo da lontano non sarebbe che un punto nero: nel nulla, il niente di un uomo e di un cavalletto da pittore. Il cavalletto è ancorato con corde sottili a quattro sassi posati nella sabbia. Oscilla impercettibilmente al vento che sempre soffia da nord. L'uomo porta alti stivali e una grande giacca da pescatore. Sta in piedi, di fronte al mare, rigirando tra le dita un pennello sottile. Sul cavalletto, una tela. E' come una sentinella - questo bisogna capirlo - in piedi a difendere quella porzione di mondo dall'invasione silenziosa della perfezione, piccola incrinatura che sgretola quella spettacolare scenografia dell'essere…[…]

[…] …dove nulla più potrà essere vero ma tutto sarà - proprio come sono i passi di quella donna che avvolta in un mantello viola, il capo coperto, misura lentamente la spiaggia, costeggiando la risacca del mare, e riga da destra a sinistra l'ormai perduta perfezione del grande quadro consumando la distanza che la divide dall'uomo e dal suo cavalletto fino a giungere a qualche passo da lui, e poi proprio accanto a lui, dove diventa un nulla fermarsi - e, tacendo, guardare. L'uomo non si volta neppure. Continua a fissare il mare. Silenzio. Di tanto in tanto intinge il pennello in una tazza di rame e abbozza sulla tela pochi tratti leggeri. Le setole del pennello lasciano dietro di sè l'ombra di una pallidissima oscurità che il vento immediatamente asciuga riportando a galla il bianco di prima. Acqua. Nella tazza di rame c'è solo acqua. E sulla tela, niente. Niente che si possa vedere. Soffia come sempre il vento dal nord e la donna si stringe nel suo mantello viola.
- "Plasson, sono giorni e giorni che lavorate quaggiù. Cosa vi portate in giro a fare tutti quei colori se non avete il coraggio di usarli?" Questo sembra risvegliarlo. Questo l'ha colpito. Si gira a osservare il volto della donna. E quando parla non è per rispondere.
- "Vi prego, non muovetevi", dice.
Poi avvicina il pennello al volto della donna, esita un attimo, lo appoggia sulle sue labbra e lentamente lo fa scorrere da un angolo all'altro della bocca. Le setole si tingono di rosso carminio. Lui le guarda, le immerge appena nell'acqua, e rialza lo sguardo verso il mare. Sulle labbra della donna rimane l'ombra di un sapore che la costringe a pensare "acqua di mare, quest'uomo dipinge il mare con il mare" ed è un pensiero che da i brividi.
Lei si è già voltata da tempo, e già sta rimisurando l'immensa spiaggia con il matematico rosario dei suoi passi, quando il vento passa sulla tela ad asciugare uno sbuffo di luce rosea, nudo a galleggiare nel bianco. Si potrebbe stare ore a guardare quel mare, e quel cielo, e tutto quanto, ma non si potrebbe trovare nulla di quel colore. Nulla che si possa vedere. […]

[…]Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate.Ma domani, ti alzarei, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un'orma, un segno qualsiasi, niente.Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. E'come se noi non fossimo mai esistiti. Se c'è un luogo al mondo, in cui puoi pensare di essere nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. E' tempo. Tempo che passa. E basta...Sarebbe un rifugio perfetto. Invisibili a qualsiasi nemico. Sospesi. Bianchi come i quadri di Plasson. Impercettibili anche a se stessi. Ma c'è qualcosa che incrina questo pugartorio. Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare. Il mare incanta, il mare uccide, commuove, spaventa, fa anche ridere, alle volte sparisce, si traveste da lago, oppure costruisce tempeste, divora navi, regala ricchezze, non dà risposte, è saggio, è dolce, è potente, è imprevedibile. Ma soprattutto il mare chiama. Lo scoprirai. Non fa altro in fondo che questo, chiamare. Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso, è te che vuole. Puoi far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti. Questo mare che vedi e tutti gli altri che non vedrai, ma che ci saranno, sempre, in agguato, pazienti, un passo oltre la tua vita. Instancabilmente li sentirai chiamare. Succede in questo purgatorio di sabbia. Succederebbe in qualsiasi paradiso, e in qualsiasi inferno.Senza spiegarti nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà.

mercoledì 6 maggio 2009

la notte………………

slera

ornella erminio

È bella di notte la città. C’è pericolo ma pure libertà. Ci girano quelli senza sonno.. gli artisti.. gli assassini.. i giocatori.. stanno aperte le osterie.. le friggitorie.. i caffè. Ci si saluta.. ci si conosce tra quelli che campano di notte. Le persone si perdonano i vizi. La luce del giorno accusa.. lo scuro della notte dà l’assoluzione..(erri de luca)
succede a volte che non riusciamo a dormire...e allora ci passano per la testa mille pensieri ...e facciamo considerazioni che mai potremmo fare di giorno ...presi come siamo a "vivere"...
ma la notte è meglio del giorno...perché di notte quasi sempre si dorme....ma quando non si dorme si fanno altre cose... le cose che la notte ci suggerisce... come sognare.. pensare.. sperare.. credere.. crescere.. amare.. giocare.. vivere.. ascoltare... di notte si ascolta molto meglio il mondo.. di notte il sapore del mondo esce forte.. acre.. profondo come il profumo dei fiori delle notti d'estate...

di notte si vedono molto meglio le stelle che sono tante... che sono così tante che ci spaventa guardarle... o forse ci rassicura...chissà.!!! di notte si vede la luna....come di giorno.. ogni tanto.. del resto.. ma di giorno la luna non parla.. non parla mai...
la luna di giorno è fuori posto..
ma le cose no....di notte le cose parlano...non ci vuole molto a capire le cose di notte.. se la si conosce.. la notte... lo scricchiolio di un armadio... il gocciolare di un vecchio rubinetto... lo scricchiolio della libreria...la silenziosa caduta di una foglia... proviamo ad ascoltare ancora... la notte è il tempo dell'impercettibile... e nella notte ci sono colori ..ci sono tutti i colori del buio... se sappiamo guardarli sono colori pieni di colori...proviamo a chiudere gli occhi.. chiudiamoli forte.. e cerchiamo tutti i colori che ci regala la nostra testa...tieniamoli bene dentro quei colori..perché ci serviranno domani.. quando la notte sarà sparita d'incanto e il giorno avrà bisogno della nostra fantasia....siamo noi che coloriamo la vita... la coloriamo con i colori che abbiamo saputo scoprire nel buio della notte...
e nella notte ci sono incontri ...ombre che dicono cose grandi come montagne... solide come rocce... magiche come maree...e ci sono cose che si dicono solo la notte....e di notte ci crediamo.. perché quando viene il giorno tutto diventa forse più banale... certo più incomprensibile...perché gli amori tornano ad essere amori normali... di giorno... e le grandi intuizioni notturne si mortificano a piccole cose... e gli amici si ridimensionano a semplici amici e le cose ridiventano mute....perché i sogni che nella notte sono reali... tornano ad essere solamente sogni... il giorno dopo...
viviamo una sorta di notte in questi tempi così inquietanti e foschi...ma è una notte piatta.. buia.. silenziosa per il sovrapporsi di troppe voci che non dicono nulla...per il bla bla bla insulso di chi parla perchè per "contratto" deve dire un tot di parole al giorno..poco importa se siano sensate o meno...per il vociare degli imbonitori che vendono fumo...e il vociare di chi "beve quel fumo" come fosse acqua benedetta...la notte..quella vera... ha letture accessibili... basta conoscere l'alfabeto...che è fantasia.. amore.. curiosità.. attenzione.. sensibilità.. disponibilità.. senso del reale e gusto del sogno....o senso del sogno e gusto del reale...che è poi la stessa cosa.... in fondo c'è solo questo modo per vivere la notte...e per preparare il giorno che viene.. perché il senso più vero della notte resta soprattutto ed inevitabilmente ....il giorno
(doverosa precisazione...avevo letto un brano "anonimo" tanto tempo fa ..che mi aveva colpito....poi ho letto qualcosa di erri de luca...così ho rielaborato le due cose ed è uscita la mia "notte")

domenica 3 maggio 2009

il violinista pazzo…………….fernando pessoa

 

chagall1violinista

marc chagall – il violinista

Non fluì dalla strada del nord
nè dalla via del sud
la sua musica selvaggia per la prima volta
nel villaggio quel giorno.
Egli apparve all'improvviso, nel sentiero,
tutti uscirono ad ascoltarlo,
all'improvviso se ne andò, e invano
sperarono di rivederlo.
La sua strana musica infuse
in ogni cuore un desiderio di libertà.
Non era una melodia,
e neppure una non melodia.
In un luogo molto lontano,
in un luogo assai remoto,
costretti a vivere, essi,
sentirono una risposta a questo suono.

Risposta a quel desiderio
che ognuno ha nel proprio seno,
il senso perduto che appartiene
alla ricerca dimenticata.
La sposa felice capì
di essere malmaritata,
l'appassionato e contento amante
si stancò di amare ancora,
la fanciulla e il ragazzo furono felici
di aver solo sognato,
i cuori solitari che erano tristi
si sentirono meno soli in quel luogo.
In ogni anima sbocciava il fiore
che al tatto lascia polvere senza terra,
la prima ora dell'anima gemella,
quella parte che ci completa,
l'ombra che viene a benedire
dalle inespresse profondità lambite
la luminosa inquietudine
migliore del riposo.
Così come venne andò via.
Lo sentirono come un mezzo-essere.
Poi, dolcemente si confuse
con il silenzio e il ricordo.
Il sonno lasciò di nuovo il loro riso,
morì la loro estatica speranza,
e poco dopo dimenticarono
che era passato.
Tuttavia, quando la tristezza di vivere,
poichè la vita non è voluta,
ritorna nell'ora dei sogni,
col senso della sua freddezza,
improvvisamente ognuno ricorda-
risplendente come la luna nuova
dove il sogno-vita diventa cenere-
la melodia del violinista pazzo.

venerdì 1 maggio 2009

quell’uomo dai capelli bianchi….

parco di monza-emilio borsa

parco di monza – olio su tela – emilio borsa

Vi è mai capitato di sfogliare un libro e trovarci una foto che non ricordavate nemmeno più di avere?.....io ci ho trovato una foto di mio marito …una delle ultime …capelli e barba bianchi… anche se aveva solo 50 anni… l’ho rivisto camminare….in quel suo modo strano per cui l’ho preso in giro tante volte … osservava tutto ciò che lo circondava ..non gli sfuggiva nessun particolare ..non era mai di fretta…..se poi era su un sentiero di montagna o in un bosco …era parte integrante di ciò che lo circondava... non so perché ..ma guardando questa foto .. sull’onda dei ricordi..forse.. mi è tornato in mente un episodio che avevo rimosso… Era un uomo qualsiasi….capelli bianchi .... bastone… che usava con attenzione…come si preoccupasse di non rovinarlo…direi con delicatezza…come si fa con una cosa cara…un signore solo… che camminava lentamente .. venendomi incontro dall’altra parte del viale...mentre osservava con attenzione ..gli alberi..la gente ..le auto ..… Era un giorno di sole, l’aria pulita ed il clima gradevole... camminavo lungo un viale alberato del parco di monza.. i pensieri lontano da quelli che ultimamente mi accompagnavano….da quando una sera di maggio ero rimasta sola… e la mano grande di un uomo bambino…la mano di mio figlio stretta nella mia. Un passo dopo l’altro percorrevo quel viale ed i raggi di sole che qua e là penetravano la volta verde abbagliavano i miei occhi..era un giorno come tanti altri..ma come pochi di quegli ultimi ...aveva un sapore così diverso… speciale ..come speciale è la vita …la mia...quella di mio figlio .. vite di sconosciuti come quella di quell’uomo che mi veniva incontro…e come quella di innumerevoli altri “sconosciuti”…soli….vite sfiorate dalle ruvide pareti dell’indifferenza dei molti…vite che non hanno più tempo né diritto di sognare… giorni e poi anni ad intrecciare stagioni di malinconica poesia.. difficile da scrivere..ma ancor più da recitare…. vite diverse che all’improvviso si incrociano ed attraversandosi cedono energia l’una all’altra… Per un attimo dimenticai dove fossimo, ciò che mi importava era la mano di simone chiusa nella mia, il mio passato ed il nostro futuro uniti dalla vita in quella stretta…pensai che non desideravo altro se non di tenere stretta quella mano…forse la vita era tutta lì, in quell’attimo fugace, nell’inesistente distanza che correva tra le nostre due mani, nel tempo inesistente che separava le nostre due vite….già…le nostre due vite…una vita sola …Per la prima volta ritornava nel mio cammino la speranza nel domani... il mio andare e quello dell’uomo anziano.. uno “sconosciuto” che mai più avrò la fortuna di rivedere..si incrociarono…lui ci guardò ed illuminato da uno dei più bei sorrisi che abbia mai visto, indicando mio figlio, mi disse: “Abbine cura, mamma!”… "dissolvendosi" poi così come era comparso. Mi accorsi che anch’io stavo sorridendo mentre cercavo di spiegare .. a voce alta…a me stessa e a mio figlio...guardandolo nei suoi occhi luminosi..…che forse quell'uomo era la persona speciale, che non avevamo più e che forse, in qualcun altro, avremmo avuto la gioia di ritrovare…un giorno... si rafforzò in me la convinzione che la vita fosse grande e ricca di momenti apparentemente così piccoli, ma infinitamente delicati ed importanti. Tuffandomi negli occhi puliti di mio figlio al mio fianco capii che non gli dovevo e non mi dovevo altre spiegazioni perché era grazie al cristallo di quegli stessi occhi che potevo vedere quanto bella fosse quella giornata di sole

per capire le mie parole fino in fondo..e la malinconia che si legge tra le righe di quello che scrivo…è doverosa una precisazione..mio figlio era portatore di un handicap grave…una forma di autismo che gli ha impedito una vita di relazione normale..io ero il suo “tramite” col mondo esterno ..e lui era la ragione della mia vita… e come suggeritomi dall’anziano uomo del parco di monza..ne ho avuto cura fino a che..poco tempo fa …il Signore lo ha richiamto a sè…