Lettori fissi

venerdì 26 febbraio 2010

la bellezza…….stefano zecchi

bellezza

La bellezza se ne stava seduta in fondo a un pontile, come quelli che si sporgono sull'acqua per consentire alle barche di attraccare. Sapeva di dover essere sempre pronta all'appello e partire. Così teneva accanto a sé la sua borsa da viaggio e dondolava le gambe nel vuoto.
Sotto non c'era né il mare né il fiume, ma una distesa di nuvole, e sopra la sua testa il cielo era così azzurro che si potevano vedere tutti insieme il sole, la luna e le stelle. Il vento soffiava caldo da un lato e freddo dall'altro. Scompigliava i capelli della bellezza, nascondendole e scoprendole il volto che certe volte appariva giovane e capriccioso, altre sembrava antico e maestoso. Il suo corpo era come la sua anima e il suo aspetto esteriore perfettamente identico a quello interiore. Si mostrava serena e paziente, lasciava che le nuvole le accarezzassero le gambe e che il vento giocasse coi suoi capelli. E intanto aspettava, guardando il sole, la luna e le stelle e, osservandoli, si specchiava in essi, vedendo sempre e soltanto se stessa.
Una luce più intensa della luce del cielo le si avvicinò in un attimo e le disse: "È arrivato il momento, devi partire". "Andrò lontano?" le chiese la bellezza rassegnata e impaurita. "Andrai sulla Terra."
"Sai che non ci vado volentieri" le rispose malinconica. "Perché? Non ricordo: cosa dovrei sapere?" disse la luce con voce decisa. "Sono molti anni che laggiù nessuno mi vuole più bene. Un tempo mi adoravano: grazie a me hanno conosciuto la verità. Adesso invece mi rendono ridicola e spesso mi disprezzano." "Ecco un buon motivo per farti vedere lì ogni tanto. Gli esseri umani talvolta rinsaviscono: non devi arrenderti" le rispose la luce con molta comprensione. "Non saprei dove andare. Quelle che loro chiamano città, case, arte sono diventate brutte. Ah sì" continuò la bellezza con nostalgia "un tempo mi accoglievano con ogni onore: tutto mi dedicavano, sempre mi pensavano. Oggi, laggiù, credono di poter vivere senza di me: e infatti vivono male."
"Ma tu andrai nel cuore di una donna" disse la luce cercando di consolarla. "Quelle sono ancora peggio delle città e dell'arte, perché sono stupide" esclamò la bellezza con terrore. "Non essere così irriverente verso gli esseri che più ti hanno 'amata" la rimproverò la luce. "E che oggi più vogliono imbrogliarmi" si lamentò la bellezza. "Non vedi come mi tradiscono? Si trasformano, si deformano, si tagliano a brandelli e si fanno incollare pezzi nuovi e finti. Credono di possedermi e di avermi in eterno, e non si accorgono che mi riducono a una maschera grottesca. No, no ... soffro nel vedere questi esseri che pensano di dedicarsi a me e non sanno più chi io sia, cosa sia bellezza. "
Sospirò, si alzò e s'incamminò sul pontile sospeso tra le nuvole e il cielo, sapendo di non poter disobbedire alla luce. Forse sperava di essere trattenuta, forse, chissà, all'ultimo istante ci sarebbe stato un ripensamento. Invece la luce fu irremovibile e cercò di consolarla: "Anche sulla Terra, abitata da gente a te ingrata, continuerai la tua missione. Alcuni, pochi per la verità, ancora ti venerano. Devi esserci anche per loro, non devi rinunciare a testimoniare che la bellezza è il dono più grande". "Ma è difficile incontrare questi ultimi fedeli: vengono derisi e offesi da tutti gli altri, che purtroppo rappresentano la maggioranza e che a me preferiscono la volgarità, riducendomi a una cosa futile e senza senso. E siccome sulla Terra hanno stabilito che chi decide è la maggioranza, là io troverò solo nemici" disse la bellezza piagnucolando. "Avanti, non continuare a lamentarti, non essere anche tu capricciosa. Quando, ritornando, passerai per l'Italia, conoscerai un professore di Estetica. Lui ancora ti difende: non ha paura dei tuoi nemici e delle idiozie che dicono sul tuo conto.
"Adesso parti: va' da quella donna!" le ordinò la luce.
"Posso almeno sapere chi è?" "Una donna buona."
"E quando sarò con lei, verrò almeno premiata?" "SÌ, questa volta sì: con l'amore."

tratto da “fedeltà”  - stefano zecchi – professore ordinario  di Estetica all’università statale di milano

martedì 16 febbraio 2010

un fantasmino…….


 g20



chi mi conosce da tanto tempo lo sa che io avevo un “fantasmino” dispettoso in casa…o forse era più di uno …non lo so…di certo era una presenza giocosa che amava fare dei piccoli dispetti..
ho pensato tante volte a chi potesse essere..e sono arrivata alla convinzione che i miei genitori o mio marito..che fisicamente non c’erano più ..in realtà  non si erano mai staccati da me ..e per darmi delle prove tangibili del loro essermi accanto.. una volta svitavano una lampadina…che cadeva senza rompersi …una volta lasciavano una scia di profumo…una volta staccavano un quadro dalla parete…
adesso non abito più in quella casa…e il mio fantasmino mi manca…ma prima o poi..sono certa…ricomparirà..forse quando il mio cuore ..anche se ferito…avrà riacquistato la serenità di sempre

oggi ..mentre giracchiavo qua e là per il web…sono incappata in un brano di alessandro baricco…che mi ha fatto sorridere..e mi ha riportato indietro nel tempo ..
da “novecento” – monologo: 

  
castelletto

castelletto ticino – mia mamma

"A me m’ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c’é una ragione. Perché proprio in quell’istante? Non si sa. Fran. Cos’é che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C’ha un’anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un’ora, un minuto, un istante, è quello, fran. O lo sapevano già dall’inizio, i due, era già tutto combinato, guarda io mollo tutto tra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei, facciamo sei meno un quarto, d’accordo, allora buonanotte, ‘notte. Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quarto, fran. Non si capisce. E’ una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio. Fran.”