l’altra sera a “che tempo che fa” era ospite alessandro baricco che ha detto delle sacrosante verità sulla televisione e sulla scuola ..e sull’uso errato che se ne fa…(l’argomento è così importante ed attuale che necessiterebbe di un approfondimento)…ma al di là di questo …ecco qualche brano preso qua e là da “oceano mare”
[…]”Sabbia a perdita d'occhio, tra le ultime colline e il mare - il mare – nell'aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare.
Potrebbe essere la perfezione - immagine per occhi divini - mondo che accade e basta, il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta, verità - verità - ma ancora una volta è il salvifico granello dell'uomo che inceppa il meccanismo di quel paradiso, un'inezia che basta da sola a sospendere tutto il grande apparato di inesorabile verità, una cosa da nulla, ma piantata nella sabbia, impercettibile strappo nella superficie di quella santa icona, minuscola eccezione posatasi sulla perfezione della spiaggia sterminata.
A vederlo da lontano non sarebbe che un punto nero: nel nulla, il niente di un uomo e di un cavalletto da pittore. Il cavalletto è ancorato con corde sottili a quattro sassi posati nella sabbia. Oscilla impercettibilmente al vento che sempre soffia da nord. L'uomo porta alti stivali e una grande giacca da pescatore. Sta in piedi, di fronte al mare, rigirando tra le dita un pennello sottile. Sul cavalletto, una tela. E' come una sentinella - questo bisogna capirlo - in piedi a difendere quella porzione di mondo dall'invasione silenziosa della perfezione, piccola incrinatura che sgretola quella spettacolare scenografia dell'essere…[…]
[…] …dove nulla più potrà essere vero ma tutto sarà - proprio come sono i passi di quella donna che avvolta in un mantello viola, il capo coperto, misura lentamente la spiaggia, costeggiando la risacca del mare, e riga da destra a sinistra l'ormai perduta perfezione del grande quadro consumando la distanza che la divide dall'uomo e dal suo cavalletto fino a giungere a qualche passo da lui, e poi proprio accanto a lui, dove diventa un nulla fermarsi - e, tacendo, guardare. L'uomo non si volta neppure. Continua a fissare il mare. Silenzio. Di tanto in tanto intinge il pennello in una tazza di rame e abbozza sulla tela pochi tratti leggeri. Le setole del pennello lasciano dietro di sè l'ombra di una pallidissima oscurità che il vento immediatamente asciuga riportando a galla il bianco di prima. Acqua. Nella tazza di rame c'è solo acqua. E sulla tela, niente. Niente che si possa vedere. Soffia come sempre il vento dal nord e la donna si stringe nel suo mantello viola.
- "Plasson, sono giorni e giorni che lavorate quaggiù. Cosa vi portate in giro a fare tutti quei colori se non avete il coraggio di usarli?" Questo sembra risvegliarlo. Questo l'ha colpito. Si gira a osservare il volto della donna. E quando parla non è per rispondere.
- "Vi prego, non muovetevi", dice.
Poi avvicina il pennello al volto della donna, esita un attimo, lo appoggia sulle sue labbra e lentamente lo fa scorrere da un angolo all'altro della bocca. Le setole si tingono di rosso carminio. Lui le guarda, le immerge appena nell'acqua, e rialza lo sguardo verso il mare. Sulle labbra della donna rimane l'ombra di un sapore che la costringe a pensare "acqua di mare, quest'uomo dipinge il mare con il mare" ed è un pensiero che da i brividi.
Lei si è già voltata da tempo, e già sta rimisurando l'immensa spiaggia con il matematico rosario dei suoi passi, quando il vento passa sulla tela ad asciugare uno sbuffo di luce rosea, nudo a galleggiare nel bianco. Si potrebbe stare ore a guardare quel mare, e quel cielo, e tutto quanto, ma non si potrebbe trovare nulla di quel colore. Nulla che si possa vedere. […]
[…]Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate.Ma domani, ti alzarei, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un'orma, un segno qualsiasi, niente.Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. E'come se noi non fossimo mai esistiti. Se c'è un luogo al mondo, in cui puoi pensare di essere nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. E' tempo. Tempo che passa. E basta...Sarebbe un rifugio perfetto. Invisibili a qualsiasi nemico. Sospesi. Bianchi come i quadri di Plasson. Impercettibili anche a se stessi. Ma c'è qualcosa che incrina questo pugartorio. Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare. Il mare incanta, il mare uccide, commuove, spaventa, fa anche ridere, alle volte sparisce, si traveste da lago, oppure costruisce tempeste, divora navi, regala ricchezze, non dà risposte, è saggio, è dolce, è potente, è imprevedibile. Ma soprattutto il mare chiama. Lo scoprirai. Non fa altro in fondo che questo, chiamare. Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso, è te che vuole. Puoi far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti. Questo mare che vedi e tutti gli altri che non vedrai, ma che ci saranno, sempre, in agguato, pazienti, un passo oltre la tua vita. Instancabilmente li sentirai chiamare. Succede in questo purgatorio di sabbia. Succederebbe in qualsiasi paradiso, e in qualsiasi inferno.Senza spiegarti nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà.
bellissimo... oceano mare.. uno dei mie libri preferiti...
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